L’evoluzione più recente della comunicazione di prodotto individua nel brand uno dei principali elementi di forza sul quale configurare e veicolare messaggi promozionali e offerte di marketing. L’omologazione nell’offerta di merci e servizi, dovuta alla grande disponibilità di beni e alla produzione globale accentrata in esclusive aree geografiche, come ad esempio in Cina, induce le aziende a lavorare quasi esclusivamente sul proprio brand, sulle caratteristiche che lo differenziano dalla concorrenza e che ne determinano la scelta da parte del consumatore.

L’acquisto di un paio di jeans o di una calzatura da tempo libero, con performance e prestazioni sostanzialmente identiche a quelle di altri 100 prodotti simili, è dettato esclusivamente, all’interno della stessa fascia di prezzo, da scelte di brand e dalla narrazione ad esso legata. Anche la componente costo è condizionata dal valore della marca, in questo caso connesso a una maggior o minore percezione di qualità ed esclusività, che può incidere sul costo al pubblico e quindi sulle marginalità.

Il brand golf

Il brand golf, non solo dal punto di vista commerciale, ma certamente sotto l’aspetto comunicativo, resta tutt’oggi condizionato da stereotipi. Preconcetti superati per gli addetti ai lavori che restano come retaggio e zavorra nella definizione di strategie di comunicazione destinate all’opinione pubblica e all’allargamento del bacino di riferimento.

Non servono sofisticate ricerche di mercato per scoprire come, purtroppo ancora, il golf sia dai più considerato uno sport da pensionati, molto costoso ed elitario, che si gioca in aree realizzate con notevole consumo di suolo e dall’alto impatto ambientale. Questa immagine preclude la costruzione di una identità positiva che permetta di promuovere la disciplina e la sua pratica, i valori e le peculiarità a beneficio di tutti i soggetti coinvolti. 

L’intero movimento, dai circoli ai praticanti, dai professionisti alla Federazione, trarrebbero un enorme vantaggio da un cambiamento di percezione diffuso fra i soggetti influenti, i decisori e i cittadini. Un processo che richiede tempo, impegno, professionalità, progetti comunicativi e di marketing efficaci e, ovviamente, risorse.

L’obiettivo è un nuovo posizionamento del brand golf, al quale tutte le componenti del sistema devono collaborare, agendo nella medesima direzione e con le stesse finalità di sviluppo e crescita.

Lavorare sul brand e sulla percezione è uno dei compiti precipui di una Federazione. Emblematico nello sport italiano è il caso del rugby, diventato fenomeno di massa e di marketing, pur con una squadra nazionale che vince 1 partita su 100.

L’approccio di comunicazione

Le tecniche da mettere in campo sono note ed efficaci. Servono campagne visual e di PR per far comprendere come, oggi, una giornata in un circolo di golf costi meno di una passata sugli impianti da sci. Cosi come iniziare a praticare il nostro sport richiede un investimento simile, se non inferiore, di quello necessario per diventare un buon tennista.

Per sfatare il falso mito dello sport per anziani, basterebbe raccontare al vasto pubblico, in tv e sul web, storie di giovani golfisti dal fisico “bestiale”, atleti certamente molto più performanti di tanti divi del calcio.

Raccontare i Circoli come vere e proprie oasi naturali e polmoni verdi, spesso capaci di ridare dignità ad aree urbanisticamente non particolarmente di pregio, è il modo migliore per abbattere pregiudizi e critiche infondate da parte degli ambientalisti. Insomma occorre aprirsi e non chiudersi, evidenziare gli aspetti positivi, e sono parecchi, non ultimo quello di disciplina salutare e sicura.

Le attività in house

Anche i Circoli possono e devono fare la loro parte. Costruire il proprio brand, con il giusto indirizzo e la corretta strategia, per essere protagonisti attivi sul territorio, negli ambiti locali, la promozione e la diffusione di messaggi capillari e continuativi. In sintesi, un piano di branding parte sempre da un’attenta valutazione dello status quo. Un’analisi, qualitativa e quantitativa, per avere a disposizione dati e riferimenti oggettivi e non presunti (la percezione che si ha di sé spesso non coincide con quella che gli altri hanno di noi) sui quali costruire azioni di comunicazione utili alla costruzione di una nuova brand identity. Si tratta di una fase determinante per poter disporre di benchmark necessari anche alla fase di valutazione in progress.

L’importanza dello Storytelling – Lacoste –

Il secondo step è la definizione della strategia nella quale devono trovare posto azioni di content marketing e una narrazione basata su storytelling, emozioni, suggestioni e valori. Vale a dire i fattori determinanti in una campagna di branding. Un buon slogan o un bel logo non sono essenziali per costruire la reputazione. Anzi sono solo accessori complementari alle attività fatte sul territorio – le pubbliche relazioni – sui social, principalmente su Instagram, Facebook e Linkedin, sul web con campagne di digital advertising mirate alla promozione della conoscenza del brand (awareness) e azioni di digital PR, SEO e SEM.

Conclusioni

Come detto l’ottica temporale è mediamente di medio periodo, con un orizzonte a 24 mesi. I risultati prodotti potranno prolungarsi a lungo a patto, chiaramente, di non far venire meno quelle connotazioni positive e distintive, espressione del proprio patrimonio identitario.

By Maurizio Trezzi

Giornalista, commentatore sportivo, esperto e docente di comunicazione. Commentatore su GOLFTV, scrive di food e mixology per varie testate, Ha fondato l'agenzia di comunicazione Strategycom e insegna comunicazione pubblica e comunicazione dello sport all'Università Iulm di Milano.

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