Il golf italiano entra nel suo anno più importante, quello della Ryder Cup di Roma, con gli stessi numeri di 15 anni fa.

La stagione 2022 si è infatti chiusa con 93.462 tesserati (dai numeri ufficiali escludiamo i professionisti), circa 1.500 in più della stagione precedente con un aumento dell’1,64%. In pratica siamo tornati più o meno ai numeri del 2008 quando eravamo riusciti ad avvicinare al golf 95.430 persone.

Fra le 6 Regioni con più di 5.000 tesserati hanno ottenuto risultati in linea con il dato nazionale Lombardia, Piemonte, Lazio ed Emilia-Romagna tutte in crescita di poco più dell’1% mentre hanno chiuso la stagione con il segno negativo la Toscana (-1,26%) ed il Veneto (-1,99%).

Bisogna sempre ricordare che i dati regionali sono influenzati dalla presenza nelle singole Regioni di impianti gestiti da società che “domiciliano” in un campo tutte le adesioni ricevute a livello nazionale, il che significa che i tesserati di una Regione non sempre coincidono con l’effettivo numero di praticanti in quella Regione.

E’ il caso ad esempio delle tessere Green Pass che sono “domiciliate” presso il Crema Golf Resort in Lombardia (3.729 tesserati) oppure del caso del Mia Golf Club nelle Marche che mette insieme ben 1.939 tesserati grazie ad una offerta particolarmente vantaggiosa della quale approfittano ogni anno molti golfisti italiani certamente non residenti in quella Regione.

Esaminando il numero degli impianti per la pratica del golf in Italia occorre notare che si è invertita la tendenza al ribasso che era in atto già da alcuni anni ed il numero è cresciuto quest’anno di 4 unità passando a 367 strutture per giocare a golf contro le 363 dello scorso anno.

A livello regionale poco da segnalare se non il caso della Sicilia che continua a perdere impianti arrivando a contare ormai solamente su 4 strutture, un numero davvero risibile in considerazione delle potenzialità che potrebbe avere il golf in un’isola del sud Italia dove si potrebbe giocare 12 mesi all’anno.

Cresce leggermente il numero di tesserati per impianto che è passato dai 253 nel 2021 ai 255 del 2022, un numero comunque sempre insufficiente per garantire stabilità economica ed un congruo bacino di utenti per le strutture golfistiche italiane.

Sono soltanto 40 su 367 i Circoli di golf italiani che possono contare su un numero superiore ai 500 tesserati, il numero che viene ritenuto come “minimo” per poter gestire un campo da golf senza l’ausilio decisivo delle quote giornaliere di giocatori esterni non associati.

Di questi 40 circoli 23 hanno incrementato il numero di tesserati mentre 17 hanno dovuto ridurre la propria compagine sociale.

L’Italia esce sempre male nel confronto con i numeri europei che mostrano una differenza davvero importante nel numero totale di praticanti ma soprattutto nel rapporto giocatori / abitanti e appunto nel numero di giocatori per singolo campo.

Mentre in Italia il numero di giocatori per campo da golf è di 255 in Europa questo numero è di 833 unità e se nella nostra nazione gioca a golf soltanto lo 0,15% della popolazione nel continente Europeo questa percentuale sale all’1%.

Come avevamo già scritto in un articolo poco tempo fa è giunto probabilmente il momento di iniziare a pensare di cambiare strategia ed obiettivi rinunciando ad investire tempo e risorse per cercare di convincere gli italiani a giocare a golf e iniziare la conversione al turismo almeno per quelle strutture posizionate in ambiti turistici e potenzialmente interessanti per i giocatori europei e mondiali che non disdegnerebbero sicuramente una vacanza golfistica nella nostra nazione.

Si tratterebbe di un processo da attuare gradualmente ma che sembra ormai ineluttabile in considerazione del fatto che lo sport del golf evidentemente agli italiani piace poco.

Per tanti anni si era detto che avremmo avuto bisogno di un campione che trainasse il movimento come successe con Panatta nel tennis e Tomba nello sci ma né l’avvento di Rocca negli anni 80 né quello di Manassero e Molinari più recentemente hanno cambiato le cose.

Per molto tempo gli esperti ci hanno detto che erano necessari i campi “low cost” ma ora che questi impianti ci sono (su 367 campi da golf italiani solo 134 hanno 18 buche) la situazione non è cambiata di una virgola.

Ultimamente ci è stato spiegato che l’arrivo della Ryder Cup e gli investimenti pianificati a supporto avrebbero finalmente permesso al golf italiano di esplodere ma siamo a meno di un anno dal grande evento di Roma e il numero di giocatori è sempre quello.

In un mondo che va sempre più veloce e nel quale le persone hanno sempre meno tempo da dedicare a se stesse il golf paga a caro prezzo, almeno in Italia, la difficoltà dell’apprendimento ed i lunghi tempi necessari per la pratica.

Il successo clamoroso del padel nella nostra nazione indica chiaramente che gli sport graditi dagli italiani hanno caratteristiche praticamente opposte a quelle del golf e di questo dovremmo iniziare a farcene una ragione.

By Maurizio De Vito Piscicelli

Export Manager, per oltre un decennio, in una multinazionale attiva nella commercializzazione di bevande alcoliche e non alcoliche. Il golf è nel mio DNA avendo fatto parte del Consiglio Direttivo del Golf Club Bologna di cui sono stato anche Presidente della Commissione Sportiva. Dal 1992 al 1996 sono stato eletto Presidente del Comitato Provinciale di Bologna per la Federazione Italiana Golf per conto della quale ho seguito la nascita e la promozione di nuovi impianti golfistici nella Provincia di Bologna. Dal 1996 svolgo attività di consulenza per il settore del golf.

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